LTPartners | News Superbonus 110%, curato da FLORIO

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Il Superbonus 110% è applicabile anche agli immobili posseduti dagli enti pubblici, nel rispetto di determinate condizioni e limiti. Si tratta di un’importante opportunità da valutare, al fine di valorizzare il patrimonio immobiliare dell’ente, che tuttavia richiede un’attenta analisi dei presupposti di spettanza dell’agevolazione, visti i numerosi vincoli imposti dal legislatore e la copiosa prassi prodotta in merito da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Superbonus 110%: l’oggetto dell’agevolazione in sintesi

L’agevolazione fiscale di cui all’articolo 119 del D.L. n. 34/2020, meglio nota come Superbonus 110%, consiste in una detrazione fiscale “potenziata” rispetto alle misure ordinarie già in vigore nell’ordinamento tributario, spettante a fronte del sostenimento di spese per la realizzazione di determinati interventi di miglioramento energetico e/o sismico sugli immobili (c.d.  interventi “trainanti”)  nonché  ad  ulteriori  interventi realizzati  congiuntamente  ai  primi  (c.d. interventi  “trainati”).

Con riferimento alle operazioni di riqualificazione energetica, il Superbonus 110% ha incrementato le detrazioni previste dall’articolo 14 del D.L. n. 63/2013; con riguardo, invece, agli interventi di miglioramento sismico, il Superbonus 110% ha aumentato la misura delle detrazioni già prevista dall’articolo 16, commi da 1-bis a 1-septies, del D.L. n. 63/2013 (spettanti in via ordinaria nelle misure del 50%, 70%, 75% e 80%, in funzione del miglioramento sismico ottenuto).

Inoltre, l’articolo 119 sopra citato ha potenziato al 110% anche la detrazione IRPEF per interventi di installazione di impianti fotovoltaici e di sistemi di accumulo integrati in tali impianti, per interventi di superamento o di eliminazione delle barriere architettoniche nonché per interventi di installazione delle colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici.

Le condizioni per la spettanza dell’agevolazione di cui si discute sono molteplici e variano in funzione della tipologia di intervento eseguito ma anche in ragione del soggetto che sostiene la spesa.

Proprio con riguardo all’aspetto soggettivo il presente contributo si pone come obiettivo quello di capire se e a quali condizioni gli enti pubblici possano usufruire o meno di una o più delle misure di favore sopra sinteticamente ricapitolate.

Il profilo soggettivo del Superbonus 110%

Secondo quanto stabilito dal comma 9 dell’articolo 119 del D.L. n. 34/2020, i soggetti ammessi a fruire del 110% sono:

  • i condomìni e le persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione, con riferimento agli interventi su edifici composti da 2 a 4 unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche;
  • le persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, sulle singole unità immobiliari;
  • gli Istituti autonomi case popolari (IACP), le cooperative di abitazione a proprietà indivisa, le ONLUS, le ODV e le APS;
  • le associazioni e società sportive dilettantistiche (Asd e Ssd) iscritte nel registro CONI, limitatamente ai lavori destinati ai soli immobili o parti di immobili adibiti a spogliatoi.

Pertanto e alla luce di quanto previsto dalla normativa vigente, gli enti pubblici possono rientrare nell’agevolazione in esame solo in qualità di condòmini.

In altre parole, essi possono usufruire del Superbonus 110% esclusivamente per la quota parte di spesa sostenuta e rimasta a loro carico per uno o più interventi agevolati condominiali, eseguiti sulle parti comuni dell’edificio condominiale (per l’individuazione delle quali occorre rifarsi all’articolo 1117 c.c.) in cui sono detenute una o più unità immobiliari.

È importante evidenziare che la quota di spesa che rimane a carico del singolo condòmino deve essere individuata in base ai criteri di ripartizione millesimale oppure, in alternativa, ai diversi criteri di ripartizione convenuti ai sensi dell’articolo 1123 c.c.: ad esempio, un ente pubblico condòmino potrebbe decidere di farsi carico di una spesa maggiore rispetto a quella risultante dai criteri millesimali, al fine di valorizzare l’immobile di proprietà e, contemporaneamente, fruire della detrazione calcolata su tale maggiore importo.

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 24/2020, considerato che il legislatore si riferisce ai «condomìni» e non alle “parti comuni” di edifici, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione di cui si discute l’edificio oggetto degli interventi deve essere necessariamente costituito in condominio secondo la disciplina civilistica vigente.

Infine, va ricordato che l’agevolazione di cui si discute spetta all’ente pubblico condòmino esclusivamente con riferimento agli interventi “trainanti”; infatti, secondo i chiarimenti forniti nella risposta all’interpello n. 660 del 5 ottobre 2021, la detrazione del 110% “(…) può essere fatta valere dai soggetti IRES limitatamente alle sole spese sostenute per interventi realizzati sulle parti comuni di edifici residenziali in condominio (…) e pertanto sono sempre escluse per tali soggetti le spese eventualmente sostenute per interventi “trainati” effettuati sulle singole unità immobiliari (anche a destinazione residenziale) di cui sono proprietari (…)”.

L’importanza della natura dell’edificio

Vista la possibilità per gli enti pubblici di fruire del 110% solo in relazione alle spese sostenute per “operazioni condominiali”, vale la pena precisare che – in caso di interventi realizzati sulle parti comuni – le relative spese possono essere computate, ai fini del calcolo della detrazione, soltanto se riguardano un edificio residenziale considerato nella sua interezza.

Qualora la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza ricomprese nell’edificio sia superiore al 50%, è possibile ammettere alla detrazione anche il proprietario e il detentore di unità immobiliari non residenziali e che sostenga le spese per le parti comuni; se, invece, tale percentuale risultasse inferiore nell’edificio, sarà comunque ammessa la detrazione per le spese realizzate sulle parti comuni, ma esclusivamente per i possessori/detentori di unità immobiliari destinate ad abitazione comprese nel medesimo edificio (con esclusione, quindi, dei possessori/detentori di unità immobiliari “commerciali” o comunque non residenziali).

Il collegamento giuridico con l’immobile

Affinché maturi il diritto alla detrazione del 110% occorre anche un collegamento giuridico con l’immobile in relazione al quale la spesa agevolabile è sostenuta da parte dell’ente pubblico.

Infatti, i soggetti interessati a fruire della detrazione devono possedere  o  detenere  l’immobile  oggetto  dell’intervento  in  base  ad  un  titolo idoneo, al momento di avvio dei lavori o al momento del sostenimento delle spese, se antecedente il predetto avvio. In particolare, i soggetti beneficiari devono:

  1. possedere l’immobile in qualità di proprietarionudo proprietario o di titolare di altro diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione o superficie);
  2. detenere l’immobile in base ad un contratto di locazione, anche finanziaria, o di comodato, regolarmente registrato, ed essere in possesso del consenso all’esecuzione dei lavori da parte del proprietario;
  3. risultare promissari acquirenti dell’immobile  oggetto di intervento con immissione in possesso di quest’ultimo, a condizione che sia stato stipulato un contratto preliminare di vendita regolarmente registrato.

La presenza di un reddito imponibile in Italia

Pur non essendo espressamente previsto dalla norma di legge, secondo il parere dell’Agenzia delle Entrate il  Superbonus 110% non spetta ai soggetti che non possiedono redditi imponibili in Italia.

Secondo tale impostazione interpretativa, con la risposta all’interpello n. 397 del 23 settembre 2020, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito, pur se con riferimento al c.d. “bonus facciate” di cui all’articolo 1, c. 219-223, della L. n. 160/2019, la non spettanza del beneficio fiscale agli organi e alle amministrazioni dello Stato e agli enti pubblici territoriali, in quanto soggetti esentati dal pagamento dell’IRES, ai sensi dell’articolo 74 del d.P.R. n. 917/86.

La questione sorge a seguito della possibilità di recuperare la detrazione in questione mediante il meccanismo della cessione del credito/sconto in fattura di cui all’articolo 121 del D.L. n. 34/2020; infatti, fino a quando la fruizione dell’agevolazione era, salvo alcune eccezioni, limitata al solo utilizzo in dichiarazione dei redditi, a scomputo dell’imposta lorda, il problema non sussisteva: l’assenza di redditi imponibili (e, di conseguenza, l’assenza di imposta lorda) determinava l’impossibilità materiale di fruire del beneficio fiscale.

Dal momento in cui è invece possibile recuperare la detrazione con modalità alternative allo scomputo dall’imposta lorda (ad esempio, tramite la cessione del credito o lo sconto in fattura), l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto opportuno fissare alcuni paletti, negando la spettanza del beneficio in assenza di un reddito imponibile sul territorio italiano.

Cessione del credito e lo sconto in fattura per gli enti pubblici

Rispetto a quanto indicato nel precedente paragrafo e ad esito dell’analisi condotta nel presente contributo segnaliamo, infine, la possibilità per l’ente pubblico che abbia maturato la detrazione al 110% di recuperare quest’ultima optando:

  • per la cessione della stessa a favore di un altro soggetto, in cambio di un corrispettivo; oppure
  • per la richiesta al fornitore di beni e servizi relativi all’intervento agevolato di applicare uno sconto in fattura, fino ad un importo massimo corrispondente alla detrazione fiscale spettante.

Si tratta di modalità di recupero della detrazione alternative all’utilizzo di quest’ultima in dichiarazione dei redditi su un periodo di 5 anni, la cui disciplina è rinvenibile nell’articolo 121 del D.L. n. 34/2020.

Vale la pena osservare che le opzioni in questione (cessione del credito/sconto in fattura), quando relative a spese sostenute per interventi su parti comuni di proprietà condominiale, vengono comunicate all’Agenzia delle Entrate dal condominio per conto dei singoli condòmini; tuttavia, anche in questa ipotesi, ciascun singolo condòmino rimane titolare di un autonomo diritto individuale per quel che concerne la scelta della modalità di fruizione della detrazione spettantegli. Conseguentemente, l’ente pubblico/condòmino potrà decidere se fruire della detrazione direttamente in dichiarazione dei redditi oppure esercitare una delle opzioni sopra menzionate, indipendentemente dalle scelte operate dagli altri condòmini.

AUTORE: CRISTOFORO FLORIO

Il presente articolo è stato redatto con la collaborazione del Dott. Stefano Lizzani, Socio in LTPartners Studio Legale e Tributario